ISSN: 2532-0203

L’intercultura non è soltanto un ideale da coltivare - sulla base del convincimento che le diverse culture presenti in uno stesso territorio possano convivere e confrontarsi fra di loro senza che ciò determini il prevalere dell’una o dell’altra -, ma è una meta da perseguire, che può produrre, nel tempo, un arricchimento reciproco delle stesse culture e, alla fine, una loro fusione.

 

In questa particolare accezione, essa riflette la tendenza, propria degli esseri umani, a risolvere le controversie, individuali e collettive, attraverso un continuo e fertile dialogo, volto ad orientare la propria e l’altrui cultura verso uno stesso sentire, o verso ciò che può denominarsi “trans-cultura”.

I processi generali che intervengono in un contesto trans-culturale sono certamente variegati e complessi e ciò perché sia i conflitti, sia le loro soluzioni, sono fortemente amplificati dalle più recenti tecnologie, mentre la tendenza delle culture alla loro separazione, o alla loro reciproca esclusione, è soppiantata da diverse forze, costituite da interessi economici, politici e sociali, che inducono le differenti culture a promuovere un continuo confronto fra di loro e, in definitiva, una loro costruttiva convivenza sociale.

Questa prospettiva di apertura, di confronto e di dialogo fra le diverse culture sottintende la pluralità identitaria come un valore, unaricchezza da coltivare; per questo, essa comporta che l’interazione, e non l’integrazione, sia l’obiettivo da perseguire, poiché quest’ultimaderiva dal convincimento di una pretesa superiorità morale di una determinata cultura rispetto alle altre e, in modo particolare, della cultura occidentale rispetto alle culture del cosiddetto “terzo mondo”.

La prospettiva interculturale respinge l’idea che la cultura sia una realtà monolitica, in quanto essa è costituita da un insieme di tradizioni, cioè di usi, costumi e condizioni materiali, diversi gli uni dagli altri. Per essa, l’identità si costituisce nella relazione di sé con l’altro da sé: con la famiglia, con gli amici e con i gruppi sociali, reali o virtuali.

Al momento della nascita, gli esseri umani non hanno una loro precisa identità, ma la vanno, via via, acquisendo, mediante l’uso distrumenti attraverso i quali possono interagire, e di fatto interagiscono, con gli elementi dell’ambiente circostante, fisico e sociale, promuovendo con gli stessi un approccio che è, insieme, gnoseologico, dialettico e dialogico. In tale approccio il discorso, la narrazione, il dialogo si configurano non come prodotti individuali, ma come prodotti collettivi, risultanti da una creatività storico-sociale.

L’identità generata dalle diverse narrazioni è certamente plurale, ma essa non è sempre coerente, perché gli eventi narrati possono essere dolorosi e difficili da riferire, soprattutto per i migranti che hanno vissuto esperienze traumatiche e che, per questo, spesso produconoracconti frammentari e lacunosi.

L’attuale massiccia ibridazione di popoli e culture ha prodotto la formazione di società composite, in cui convivono gruppi umani di diversa provenienza, che cercano di trovare un equilibrio tra la condivisione di valori comuni e la diversità delle loro appartenenze sociali e culturali.

Il modello multiculturalista suggerisce una sorta di ibridazione, per la quale la coesistenza in uno stesso territorio può evolversi in un intreccio positivo fra culture e popoli diversi, ma il suo maggiore rischio è quello di sfociare in una sorta di relativismo culturale che puòcondurre le diverse comunità etniche allo scontro fra di loro.

Il modello integrazionista contempla la coesistenza di diverse culture all’interno di una medesima società, ma punta all’adattamento dei portatori di culture “altre” alla cultura della società ospitante, per cui essi dovrebbero conformarsi, quanto più è possibile, a quest’ultima, mettendo in atto processi di de-socializzazione, o di cancellazione delle loro culture d’origine, e di ri-socializzazione rispetto ai costumi e alle norme della cultura d’arrivo. Esso si configura, quindi, come un modello assimilativo, che affonda le sue radici nella mentalità colonialista, propria dei paesi occidentali

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